A Celante di Castelnovo, percorrendo un ripido sentiero, si raggiunge la Chiesa di Collemonaco, dedicata a San Daniele. La prima costruzione risale al Trecento. Distrutta dal terremoto del 1976, è stata ricostruita e la nuova torre campanaria racchiude tre campane, dalla storia avventurosa, testimoni dell’attaccamento al borgo e alla chiesa degli abitanti di Celante. Le prime due campane sono state acquistate a fine Ottocento, per iniziativa e grazie ai sacrifici specialmente delle donne, che raccoglievano denaro vendendo uova al mercato. Così si è raggiunta la somma necessaria a pagare la fonderia De Poli di Udine e nel 1894 anche la chiesetta di Celante ha avuto le sue campane.
Durante l’occupazione delle truppe austro tedesche nella Grande Guerra, grazie a un trucco, la popolazione è riuscita a salvarle dalla confisca, sotterrandole e falsificando le carte. Superata anche la Seconda Guerra Mondiale, però, le mitiche campane rischiavano di essere portate via dopo il crollo della chiesa e del campanile nel terremoto. Ancora una volta, sono stati i celantini a volerle tenere a Collemonaco. È stata fatta una raccolta fondi e molte persone hanno contribuito sia economicamente sia con il proprio lavoro alla ricostruzione dell’edificio in cemento armato antisismico. La nuova chiesa è stata inaugurata nel 1991. Alle due campane, se n’è aggiunta una terza, del 1925, proveniente dal campanile di San Carlo a Paludea.
La vicenda è narrata nel dettaglio nel libricino Le campane di Collemonaco, a cura di Giorgio Galante e Cristina Zannier, 2003.
Il Menocchio, mugnaio eretico
Il mulino preso in affitto da Domenico Scandella detto Menocchio a fine Cinquecento si trova sulla riva destra del Cellina, poco più in basso rispetto alla Chiesa di Santa Maria, oggi di San Rocco.